Booksophia – Festival della Classicità: una celebrazione della cultura e della conoscenza a Massa Lubrense
Massa Lubrense si prepara ad accogliere un evento straordinario che celebrerà la ricchezza della classicità: il Booksophia – Festival della Classicità. Il festival, giunto alla settima edizione, avrà luogo nei giorni 16-17-18 Novembre 2023, promettendo di portare un’esplosione di cultura, conoscenza e ispirazione.
Un’esplorazione della classicità
Il Booksophia è un omaggio alle radici culturali che hanno plasmato la nostra comprensione del mondo. Attraverso conferenze, discussioni e cineforum, i partecipanti avranno l’opportunità di immergersi nelle profondità della classicità e di esplorare la sua risonanza nei giorni nostri.
Programma coinvolgente
Il festival si svolgerà presso varie sedi suggestive di Massa Lubrense, offrendo ai partecipanti l’opportunità di esplorare la bellezza della città mentre si immergono nell’atmosfera culturale del festival. Il programma ricco e coinvolgente includerà conferenze magistrali tenute da esperti in campo classico, che condivideranno le loro conoscenze su argomenti che vanno dalla filosofia all’arte, dal cinema alla musica, dalla letteratura alla politica dell’antichità.
Un ponte tra passato e presente
Il Booksophia 2023 mira a costruire un ponte tra passato e presente, dimostrando come l’eredità della classicità sia viva e rilevante oggi. Attraverso la riflessione critica e l’interazione attiva, il festival si propone di stimolare la mente dei partecipanti e di ispirarli a esplorare ulteriormente la ricchezza della tradizione classica nelle loro vite quotidiane.
Programma di Booksophia 2023:
Se siete affascinati dalla classicità o semplicemente curiosi di esplorare nuove prospettive culturali, il Booksophia Festival della Classicità a Massa Lubrense è l’evento da non perdere. Preparatevi per un fine settimana indimenticabile di conoscenza, intrattenimento e connessione con il patrimonio culturale che ha plasmato il nostro mondo.
Per aggiornamenti su Booksophia 2023, contatti e maggiori informazioni, vi invitiamo a visitare la pagina Facebook Booksophia – Festival della Classicità.
Atena, conosciuta anche come Athena nella mitologia greca, era una delle principali divinità dell’Olimpo. Proprio alla dea Athena era dedicato il Santuario situato sulla cima del promontorio di Punta Campanella, spartiacque tra il Golfo di Napoli e quello di Salerno.
Chi era la dea Athena
Athena era considerata la dea della saggezza, delle arti, delle scienze, della giustizia, della strategia militare e della civiltà. Viene spesso raffigurata con un elmo, uno scudo e una lancia, simboli del suo ruolo protettivo nei confronti degli eroi e delle città greche.
La dea Athena era associata sia alla guerra che alla pace. Sebbene avesse un lato guerriero e fosse considerata una protettrice dei combattenti, aveva anche un approccio strategico e tattico alla guerra, in contrasto con Ares, il dio della guerra brutale. Era conosciuta per la sua razionalità, il suo amore per la conoscenza e la sua capacità di risolvere conflitti in modo pacifico.
Athena era la dea patrona di molte città greche, tra cui Atene, che prende il nome da lei. Era una figura iconica nella mitologia greca e un personaggio ricorrente nelle opere letterarie e artistiche dell’antica Grecia. La sua influenza si estendeva anche alla cultura e alla filosofia, contribuendo alla formazione delle idee e dei valori dell’antica civiltà greca.
Nel culto romano, Minerva era la divinità corrispondente a Atena. Il suo culto giocava un ruolo significativo nella vita religiosa e culturale dell’antica Roma. Infatti, la sua figura rappresentava importanti virtù e ideali romani come la saggezza, la strategia e la giustizia.
Storia del Santuario di Athena
Sulla cima del promontorio Ateneo, attuale promontorio di Punta Campanella, sorgeva il santuario di Athena. Edificato dai greci, fu un tempio prima greco e poi romano dedicato alla divinità, protettrice di naviganti e commercianti. La presenza del Santuario di Athena è testimoniata da fonti letterarie di carattere storico, da Strabone a Tito Livio. Un riferimento compare anche nell’antica carta romana “Tavola Peutingeriana“.
La conferma definitiva della posizione del Santuario di Athena sulla punta estrema del promontorio di Punta Campanella è giunta da un eccezionale ritrovamento avvenuto nel 1985. Si trattava di un’antica epigrafe incisa nella roccia e scritta in lingua osca, databile alla prima metà del II secolo a.C. Questa epigrafe era di natura pubblica e menzionava tre Magistrati di Minerva, noti come Meddices Minervii, che supervisionarono e verificarono la realizzazione dei lavori relativi all’approdo e alla scalinata orientale che conduceva al Santuario.
Alcuni resti del santuario dedicato ad Atena possono ancora essere scorti alla fine di un emozionante percorso di trekking. È molto probabile, infatti, che i ruderi ancora visibili nelle vicinanze della torre saracena di Punta Campanella siano ciò che rimane della fondazione del tempio, situato a sud della torre.
Mito del tempio di Athena
La fondazione leggendaria del tempio di Athena a Punta Campanella è attribuita a Ulisse. Il promontorio era la dimora delle sirene Leucosia, Parthenope e Ligeia, note per il loro canto ammaliante che ingannava tutti i naviganti, facendoli perdere il controllo delle loro navi. Il sagace Ulisse, per proteggere i suoi compagni, fece loro indossare tappi per le orecchie, consentendo così alla nave e ai suoi amici di giungere incolumi all’attracco sul promontorio di Punta Campanella. Riconoscente per la guida e la protezione di Athena, in segno di devozione, Ulisse costruì il tempio in onore della dea.
Dunque, il santuario di Athena rappresenta il punto di incontro tra storia, mito e legenda di questo territorio. Un patrimonio che arricchisse non solo la bellezza naturalistica, ma anche quella storica e archeologica di Massa Lubrense.
Pompei è un interessante sito archeologico che riesce ad attrarre turisti provenienti da ogni parte del mondo. La sua storia è legata alla tragica eruzione del Vesuvio, avvenuta nel 79 d.C., che seppellì questa ricca città romana insieme ad altre come Ercolano, Oplontis e Stabiae. Gli scavi permettono di visitare alcuni edificipubblici, leantiche ville patrizie così come lebotteghe, leosterie, lecasepopolari, i lupanari e tanto altro. La città, inoltre, fonde tutto ciò che resta dell’antico mondo romano-pagano con la spiritualità cristiana, testimoniata dal Santuario dedicato alla Beata Vergine del Rosario di Pompei.
Esistono diverse soluzioni per visitare il sito di Pompei da Massa Lubrense:
In treno
La linea ferroviaria inizia a Sorrento. Tutti gli autobus che da Massa Lubrense vanno a Sorrento raggiungono la fermata Stazione Circumvesuviana.
Da qui, basta prendere il treno della Circumvesuviana Sorrento-Napoli e in circa venti minuti si arriva alla fermata Pompei – Villa dei Misteri. L’ingresso “Porta Marina Superiore” si trova di fronte all’ingresso della Circumvesuviana ma se si prosegue ancora per qualche metro è possibile entrare anche dall’ingresso di “Porta Marina Inferiore” a Piazza Esedra.
In auto
Un altro modo per poter raggiungere facilmente gli scavi di Pompei da Massa Lubrense è in auto, prendendo l’autostrada A3 Napoli-Salerno (uscita Pompei Ovest). Nei pressi delle entrate al sito archeologico ci sono molte possibilità di parcheggio in grandi aree appositamente attrezzate.
Con la comodità di un’auto a propria disposizione, si può godere di piena autonomia e scegliere come proseguire la giornata alla scoperta di nuove meraviglie. Dopo aver visitato gli scavi di Pompei, si ha l’opportunità di ampliare il viaggio con una visita all’imponente Vesuvio, il celebre vulcano che custodisce una storia millenaria, oppure a una delle tante cantine vinicole nelle vicinanze.
Con autisti privati
Il servizio di noleggio con conducente (NCC) offerto da diverse compagnie può rivelarsi un’altra soluzione valida per visitare Pompei da Massa Lubrense. Questa opzione è adatta soprattutto a coloro che scelgono di viaggiare con la propria famiglia o con un gruppo ristretto di amici. Basterà semplicemente contattare una delle compagnie locali e indicare il numero di passeggeri, la data e l’orario di partenza.
Solitamente, le compagnie propongono escursioni giornaliere di 7 o 8 ore, in cui è possibile visitare sia Pompei che il Monte Vesuvio, oppure Pompei e Ercolano.
Crapolla è una località marina del paese di Torca, frazione di Massa Lubrense. Affaccia sul golfo di Salerno a poca distanza dalla rinomata Positano. Il fiordo si insinua nel Monte di Torca, dove sorgono una torre antisaracena e i resti dell’abbazia di San Pietro.
Il Fiordo di Crapolla a Massa Lubrense è certamente tra le più suggestive insenature della Penisola Sorrentina, un luogo che custodisce un ricco patrimonio storico e naturalistico.
Cosa fare in un giorno a Crapolla
Il fiordo di Crapolla è raggiungibile esclusivamente a piedi partendo dalla piazzetta di Torca. Gli autobus SITA che raggiungono questa frazione partono da Sorrento, alcuni passano da Massa Centro prima di raggiungere Sant’Agata sui due golfi, quindi Torca. Per chi arriva in auto, c’è possibilità di parcheggio nelle strisce blu, nella piazzetta accanto alla Chiesa di San Tommaso Apostolo.
Il sentiero può essere intrapreso anche da Sant’Agata sui due Golfi, che dista solo un chilometro da Torca. Il percorso è di difficoltà elevata, ma ben tracciato. Prima di intraprenderlo, assicuriamoci di avere con noi abbondante acqua, cibo, un cappellino e scarpe da trekking.
Dopo un primo tratto tra i vicoletti del centro abitato, il sentiero si innesta su una vecchia mulattiera circondata dalla flora mediterranea.
Arrivati sul belvedere noto come “La guardia”, vi è una diramazione (tracciata con la fascia bianco-rossa) che prevede un percorso di ben 700 gradini che conducono al fiordo.
Il panorama
Sul versante di Positano si avvista l’arcipelago de Li Galli, che si lega al mito di Ulisse e delle sirene.
C’è poi Vetara, isolotto disabitato. Dista poche centinaia di metri lo Scoglio Isca, in passato abitato da Eduardo de Filippo, scelto come location del film È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, il quale mostra le meraviglie della Penisola Sorrentina e della Costiera Amalfitana in scene solari, luminose e a tratti comiche.
Sul versante opposto si ammira il profilo di Punta Penna che delimita l’incantevole baia di Marina del Cantone.
La cappella e la spiaggia
Per fare una pausa dall’impegnativa passeggiata, lungo il sentiero che porta al fiordo si può visitare la Cappella di San Pietro, che si racconta sia stata edificata con le stesse pietre con cui era stata costruita la precedente Abbazia di San Pietro. Secondo la leggenda, quest’ultima sorgeva a sua volta sulle rovine di un antico tempio dedicato al dio Apollo e questo spiegherebbe il toponimo Crapolla.
Oltrepassata la cappella di San Pietro si giunge, finalmente, alla spiaggia. La spiaggia di Crapolla, in ciottoli, è anch’essa parte della Riserva Marina Protetta di Punta Campanella e solo in alcune ore del giorno è esposta al sole, mentre per gran parte della giornata resta in ombra.
La strada di ritorno è la stessa dell’andata, per cui consigliamo di evitare di percorrerla nelle ora più calde, soprattutto nei mesi estivi.
Il termine “Saraceni” nacque nell’Antichità per indicare gli Arabi del deserto. Più precisamente tra il IX e il X secolo, periodo in cui l’Europa subì incursioni da parte di vari popoli provenienti dalle coste del Mediterraneo. Chi erano i Saraceni dunque?
Storia
I Saraceni erano un popolo di religione musulmana proveniente dalla penisola Arabica, vivevano sulle coste meridionali e lungo le isole del Mediterraneo. A differenza di altri popoli, le loro incursioni avvenivano soprattutto via mare e proprio per questo motivo venivano definiti “pirati barbareschi”. Il loro obiettivo principale erano le navi, militari o civili, che solcavano il Mediterraneo provenienti da paesi europei, che attaccavano e derubavano a proprio esclusivo beneficio.
In particolare, gli abitanti di questo popolo erano stanziati nell’Africa del Nord e nella Spagna meridionale e fu proprio partendo da queste sedi che, tra il X e l’XI secolo, iniziarono a compiere varie incursioni verso le coste italiane e francesi.
Solitamente arrivavano sulle coste con le loro navi e devastavano interamente i villaggi e le campagne che incontravano, con il solo scopo di fare bottino. Una volta messo insieme ciò di cui erano alla ricerca tornavano indietro verso l’Africa e la Spagna. Proprio in questo periodo, per far fronte alle incursioni saracene, le coste italiane e francesi si dotarono di punti di vedetta da cui gli uomini osservavano il mare, per cercare di individuare possibili attacchi da parte dei saraceni e prendere le adeguate misure di difesa.
Le torri anticorsare
Quando gli attacchi sulle coste cominciarono a farsi sempre più intensi, nacquero le cosiddette torri di guardia, edificate per metter in guardia le popolazioni. Da ogni torre era possibile scrutare il mare e inviare segnali luminosi e di fumo per trasmettere un messaggio o richiedere soccorso.
Nella costiera amalfitana e nella penisola sorrentina le torri sono innumerevoli, in particolare nel tratto di costa di circa 27 miglia compreso tra Vietri sul Mare e il Capo di Massa Lubrense.
I pirati saraceni infatti cominciarono ad attaccare le coste di quest’area durante il IX secolo e ancora con più ferocia nel 1500. L’invasione turca a Massa Lubrense e Sorrento del 1558 rimane tra le più cruente in tutta la storia di questa violenta popolazione.
Le sorti dei prigionieri
I corsari sbarcavano sulle spiagge e si spingevano verso l’interno per cercare villaggi da razziare e cristiani da catturare. La sorte dei cristiani caduti nelle mani dei saraceni era spaventosa. I prigionieri vivevano situazioni di completo avvilimento e frustrazione che spesso li conducevano a uno stato di follia. La cattura degli schiavi in Europa era molto selettiva: gli uomini catturati dovevano essere robusti e venivano utilizzati come rematori sulle navi, le donne e i bambini erano venduti come schiavi, mentre le ragazze più belle andavano ad aumentare gli harem dei principi arabi. Spesso la liberazione degli schiavi cristiani avveniva dietro il pagamento di un riscatto.
Più di un antico popolo ha reso Massa Lubrense la propria dimora nel corso dei secoli, proprio come nel resto della penisola italiana: gli antichi Romani, i Greci, i Longobardi e molti altri. La storia del nostro territorio è sicuramente ricca.
Tuttavia, tra i tanti popoli che hanno messo piede in queste terre ce n’è uno che li precede tutti, e della cui passata presenza nel territorio abbiamo testimonianza grazie a un’iscrizione ritrovata a Punta Campanella: gli Osci.
L’antico popolo italico degli Osci
Gli Osci erano un’antica popolazione italica, ovvero, detto in poche parole, uno di quei popoli che si trovavano già stanziati nell’antica penisola italiana ben prima dell’arrivo dei Greci o delle conquiste romane. Le loro origini sono sfortunatamente incerte ancora oggi, data la relativa scarsità di reperti archeologici. Diversi autori hanno ognuno dato delle proprie ipotesi a riguardo.
Secondo alcuni storici, questo popolo risultò dall’assimilazione da parte di popoli sannitici degli Opici, un altro popolo italico, situato nell’Opicia, un antico territorio che apparentemente comprendeva gran parte dell’attuale Campania.
Secondo altri, il nome “Osci” non è altro che un secondo nome con cui gli Opici stessi finirono per essere conosciuti.
Ciò che sappiamo con abbastanza certezza è che questo popolo, in realtà suddiviso in varie tribù com’era spesso il caso di molti popoli italici, probabilmente entrò in contatto con gli antichi Greci e, ovviamente, i Romani. Questi ultimi finirono per “romanizzare” il popolo, com’era loro usanza, distruggendone le caratteristiche culturali e sostituendole con elementi della cultura romana.
L’osco: una lingua speciale
Alfabeto osco con traslitterazione
Forse l’elemento più caratterizzante degli Osci era la loro lingua, l’osco.
Si tratta di una lingua di origine indoeuropea appartenente al ceppo osco-umbro la cui estensione geografica nella penisola fu particolarmente ampia, ricoprendo praticamente tutto il meridione.
La lingua si parlava dal VI-V secolo a.C. circa fino alla romanizzazione del popolo nel I secolo a.C., che vide come conseguenza la sostituzione dell’osco con il latino.
Ciò che rende l’osco una lingua alquanto speciale nel contesto delle lingue italiche antiche è che si scriveva in almeno 3 alfabeti diversi: possedeva naturalmente un alfabeto proprio, composto da un numero compreso tra 19 e 23 lettere, secondo gli studiosi, ma è stata anche trovata della documentazione osca scritta in alfabeto latino e greco.
La cultura e la società degli Osci
A giudicare da ciò che possiamo discernere dai pochi reperti che ci restano, gli Osci erano un popolo che basava la propria sussistenza prevalentemente sull’agricoltura e l’allevamento del bestiame, in particolare di bufali, da cui è possibile che derivi l’attuale usanza campana di allevare questi gli animali.
La famiglia era l’elemento cardine della loro struttura sociale, la quale era generalmente patriarcale. Per secoli la società osca non vide l’esistenza di schiavi, i quali però furono introdotti a seguito dell’entrata in contatto con i Greci.
Per quanto riguarda la loro religione, pare che gli Osci, come molti altri popoli preromani, venerassero divinità legate agli elementi naturali, come il Sole e la Terra, e che tra loro fosse diffuso il culto della Mater Matuta.
Fu proprio la cultura osca a creare un importante genere di rappresentazione teatrale: la commedia Atellana. Questo genere teatrale deve il proprio nome alla città campana di Atella, una delle antiche città degli Osci. Consisteva principalmente nella rappresentazione, solitamente improvvisata, di scene dal tono popolare e farsesco, stravagante, dove si vedevano interagire personaggi tipici, come ad esempio il servo, il padrone, il vecchio stolto, il mangione e molti altri ancora. Ciascuno di questi tipi era caratterizzato da una specifica maschera dall’aspetto grottesco. Questo genere fu molto popolare nell’antichità, anche tra i Romani, ed è ancora oggi la principale, nonché più grande, testimonianza della cultura osca di cui siamo a conoscenza.
Ammirare la storia dell’antico popolo di Massa Lubrense
Sfortunatamente sappiamo ancora relativamente poco sugli Osci in quanto possiamo basarci solo sui pochi ritrovamenti archeologici cosparsi per il territorio campano. Massa Lubrense, con i propri reperti appartenenti a questa antica popolazione, potrà quindi risultare una meta alquanto interessante per chiunque desideri sapere di più riguardo la storia degli Osci, nonché quella di altri popoli italici le cui tracce sono ancora presenti sul territorio. Pertanto incoraggiamo tutti voi, che siate veri e propri studiosi di storia antica o semplicemente curiosi di conoscere il passato delle nostre terre, a venire qui da noi ad ammirare con i vostri stessi occhi ciò che rimane delle nostre antiche origini!
Il territorio di Massa Lubrense, oltre che denso di bellezze naturali, è avvolto nella magia e nel mistero, avendo fatto da sfondo a numerosi miti e leggende. Si tratta di episodi di portata storica che hanno segnato la cultura europea. In pochi, però, sanno che tali storie mitiche si sono svolte proprio in questo territorio. Per questo motivo, abbiamo selezionato per voi alcuni dei più famosi e curiosi miti e leggende su Massa Lubrense.
Il mito delle sirene
Tra i miti più celebri ritroviamo quello delle sirene. Sono figure molto particolari, ampiamente presenti nell’immaginario collettivo e culturale della Grecia, come dimostra la stessa Odissea di Omero. Proprio in questa narrazione, infatti, ritroviamo queste creature dall’aspetto mitico – metà donna e metà uccello o pesce – dal carattere ammaliatore e ingannatore. Secondo il mito, le sirene omeriche vivevano in corrispondenza degli attuali isolotti Li Galli, che gli antichi chiamavano Sirenuse – toponimo derivante proprio da esse. Da qui le sirene tentavano i marinai con i loro canti: ammaliati dalle loro voci, questi uomini si avvicinavano pericolosamente alle coste rocciose infrangendosi contro queste ultime con le proprie navi. Una volta annegati, le sirene ne divoravano i corpi. Anche Ulisse era un marinaio che, di ritorno a Itaca, si trovò ad attraversare questa zona. Egli, però, conosceva bene le doti ammaliatrici di queste creature, quindi ordinò ai suoi uomini di legarlo e di tapparsi le orecchie con della cera. La leggenda narra che le sirene, frustrate e deluse dal proprio fallimento, si siano gettate in mare lasciandosi morire e trasportare dalle onde.
Isolotti Li Galli, ambientazione del mito delle sirene
Il Vervece
“O’ Revece”, ovvero il Vervece, è un piccolo e caratteristico scoglio di Massa Lubrense che sorge tra le acque di Marina della Lobra. Esso fa da sfondo alla storia di due pittori: Carlo Amalfi e il suo falso amico, Luigi Blower. Quest’ultimo arrecò al povero Carlo una serie di infinite cattiverie, tra cui addirittura un’ingiusta condanna a un anno di carcerazione. Carlo decise, dunque, di vendicarsi: un giorno, sapendo che ci sarebbe stata una burrasca, invitò l’amico Luigi a fare un giro in barca, ben consapevole della sua incapacità di nuotare. La tempesta arrivò e Luigi, in preda al panico e alle lacrime, chiese a Carlo di farlo sbarcare dovunque fosse possibile. Fu allora che Carlo accostò al Vervece, fece salire l’amico sullo scoglio e lo abbandonò lì, urlandogli che fosse tempo per lui di riflettere su tutto il male che gli aveva causato. Tornato al Vervece il mattino seguente, però, si accorse che di Luigi non ci fosse più traccia, quindi si ritrovò con il rimorso di averne causato la morte. Visse con questa colpa fino a quando, sentendo che fosse giunta la sua ora, chiamò un frate del convento dei Cappuccini per confessarsi. Rivelato il delitto che per tutta la vita l’aveva tormentato, Carlo scoprì che il frate era proprio il suo amico Luigi Blower, il quale, il giorno dell’accaduto, era stato salvato da una barca di procidani. Egli aveva imparato la lezione, avendo deciso di ritirarsi in convento per espiare i suoi peccati. A questo punto Carlo poté morire sollevato dalla pena che lo aveva finora angustiato.
Il Vervece
Le Janare di “Prete Janche”
Un’altra misteriosa leggenda riguardante Massa Lubrense, e in particolare la località di Prete Janche, è quella delle janare. Secondo l’immaginario popolare, la janara è un mostro femminile, capace di volare, che agisce di notte ed è presente soprattutto nella zona di Nerano. Anticamente, nel periodo che va da settembre a novembre, i cacciatori di quaglie si recavano a Prete Janche, una località del territorio molto favorevole per la caccia di questi volatili, soprattutto durante la notte. La leggenda narra che proprio questo luogo fosse, però, anche il raduno delle janare. Di fatti, i cacciatori si trovavano ad assistere a strani fenomeni: nella notte, anche quando c’era bel tempo, si creavano dei vortici d’aria seguiti da fischi. Secondo alcune testimonianze, in alcune occasioni apparivano anche dei grossi e imprendibili volatili e si udivano strani canti e urla. Tutti questi eventi facevano fuggire a gambe levate – e mai più ritornare – chiunque avesse soltanto provato ad avvicinarsi a quella zona.
La campana di Punta Campanella
Durante la devastante invasione turca del 1558 a Massa Lubrense e Sorrento, i saraceni saccheggiarono la chiesa di Sant’Antonino Abate, protettore di Sorrento. Tra i vari oggetti preziosi rubati al suo interno, c’era anche la campana in bronzo. Quando la flotta lasciò Sorrento, però, nei pressi di Punta Campanella, una forza misteriosa bloccò la nave che trasportava la campana, impedendogli di proseguire. I pirati turchi cominciarono a gettare in mare alcuni dei beni saccheggiati nel tentativo di ripartire, ma solo quando si liberarono della campana riuscirono nel proprio intento. Da allora, secondo la leggenda, il 14 febbraio di ogni anno – giorno in cui si festeggia il Santo Patrono – si sente il suono della campana di Punta Campanella provenire dal fondo del mare.
Punta Campanella
Queste sono solo alcune delle fantastiche storie e leggende che riguardano Massa Lubrense. Un’occasione in più per lasciarsi guidare e trasportare alla scoperta delle mille sfaccettature che compongono questo magico territorio.
Il 24 e il 25 ottobre la Pro Loco Massa Lubrense ha organizzato due gite scolastiche al borgo e al Castello dell’Annunziata, fortemente volute dall’assessore al turismo Giovanna Staiano. Le gite si inseriscono nel progetto “A piedi lungo le strade di Massa”, svolto grazie al contributo concesso dalla Città Metropolitana di Napoli.
In queste due giornate gli alunni hanno raggiunto a piedi, ciascuno dalla propria scuola, il borgo dell’Annunziata, una delle frazioni di Massa Lubrense. Seguendo le nostre esperte guide escursionistiche, le scolaresche hanno attraversato sentieri e stradine interne. All’arrivo al borgo, gli alunni sono stati accolti con una graditissima merenda biologica offerta dal Ristorante La Torre e dall’azienda agricola Palazzo Raja.
È stata per i ragazzi un’occasione per approfondire la conoscenza del proprio territorio, cimentandosi anche in attività divertenti!
L’antico borgo dell’Annunziata
Un gran numero di strade, vicoli e scalinate formano una fitta rete che mette a contatto le abitazioni del borgo, ognuna costruita tra il XIV e il XVI secolo. Ed è per queste vie che durante le loro escursioni gli alunni hanno camminato mentre veniva loro spiegato come in tempi antichi i vecchi abitanti del borgo si spostassero da un punto all’altro della zona, che fosse semplicemente a piedi o con dei muli.
Quella dell’Annunziata è una delle frazioni più antiche della storia di Massa Lubrense: fu infatti proprio qui che i Normanni fondarono il loro primo insediamento nel territorio. Per questa ragione, l’Annunziata è uno dei luoghi più ricchi di storia qui a Massa e ciò la rende, in un certo senso, il suo nucleo storico.
L’Annunziata fu fondata su una zona collinare, originariamente per questioni di difesa strategica, motivo per cui è tutt’ora conosciuta per il suo fenomenale belvedere, da cui è possibile ammirare un panorama assolutamente mozzafiato, che permette addirittura di vedere Capri e parte della costa di Massa Lubrense!
Ci sono numerosi edifici storici cosparsi per il territorio dell’Annunziata. Uno dei più importanti è la Chiesa dell’Annunziata, tra gli edifici religiosi più antichi e caratteristici di Massa Lubrense. Un altro edificio storico della zona è Torre Turbolo (ex “Torre dei Pegni”), una torre di avvistamento situata nel centro della frazione.
Tuttavia, tra i tanti edifici storici dell’Annunziata nessuno è più importante o iconico del Castello dell’Annunziata.
Il Castello dell’Annunziata: un luogo perfetto per gite scolastiche
Punto d’arrivo delle due passeggiate è stato il Castello dell’Annunziata: l’edificio storico più caratteristico della frazione, nonché sicuramente il luogo più interessante da visitare per osservare tracce dell’antica storia di Massa Lubrense.
Le origini del Castello risalgono ai tempi del Ducato Sorrentino, con la costruzione di una cittadella fortificata che gli Angioini distrussero a seguito della loro presa al potere di Napoli. Nel 1389 il re Ladislao di Durazzo ne ordinò la ristrutturazione, la quale tuttavia durò solo fino al 1465, a seguito degli assedi aragonesi contro il territorio.
L’Annunziata restò quindi priva di difese concrete contro gli assedi, e fu per questo che nel 1558, dopo l’invasione turca, l’Università di Massa prese l’iniziativa di riedificare il castello. Tuttavia i lavori subirono una serie di complicazioni e si interruppero nel 1636.
Ai giorni nostri del Castello dell’Annunziata restano una torre cilindrica e parte delle mura di cinta. Dalla cima della struttura è possibile ammirare quasi tutto il territorio di Massa.
Durante le loro gite, gli alunni hanno visitato la torre cilindrica e hanno disegnato il bellissimo panorama di Massa Lubrense.
Ammirare la storia di Massa Lubrense
Il territorio di Massa Lubrense è ricco di bellezze di ogni tipo: naturali, archeologiche, artistiche e storiche.
In queste due giornate gli alunni hanno potuto ammirare il nostro territorio e apprendere molto della sua storia, hanno amato quest’esperienza e acquisito conoscenze preziose.
“Conosciamo ed esploriamo il nostro territorio” è un progetto ideato dalla Pro Loco Massa Lubrense e realizzato presso l’I.C. Bozzaotra da Michele Palomba e Romina Amitrano. Prevede incontri in aula e uscite sul territorio.
Giovedì 27 ottobre, nell’ambito del progetto “Conosciamo ed esploriamo il nostro territorio”, i 68 ragazzi frequentanti le classi medie a tempo pieno, hanno raggiunto il Museo Georges Vallet di Piano di Sorrento per essere catapultati in un avvincente viaggio nel tempo.
All’ingresso del museo, il fondatore di Syrrenton Liparos, sua figlia Ciane, la dea Hera e il bellicoso Ares hanno scortato i ragazzi alla scoperta delle origini della penisola sorrentina.
La civiltà del Gaudo, la necropoli del Deserto, gli Osci e gli Ausoni, i magistrati del tempio di Minerva, i Sanniti, i coloni Greci e Romani, sono tornati “in vita” e hanno incantato i ragazzi, grazie alle spiegazioni e alla sensibilità del racconto dell’associazione “Barattoli Cosmici“.
Entusiasta la Presidente Teresa Pappalardo
“Innanzitutto voglio ringraziare il Dott. Franzese, direttore del Museo Georges Vallet, per la grande disponibilità e per aver permesso un’apertura straordinaria per questo evento. Ringrazio anche il Vice Sindaco di Piano di Sorrento Gianni Iaccarino e l’assessore all’istruzione Antonella Arnese che ci hanno accolti e introdotti in uno dei gioielli più belli della penisola sorrentina.
Inoltre, ringrazio il Comune di Massa Lubrense nella persona del delegato alla scuola Antonella Caputo, che ha lavorato con sincera gioia per far sì che questo progetto fosse possibile. Grazie anche alla dirigente Prof. Angelina Aversa per averci dato fiducia e a tutti i docenti.
E un grazie particolare a Rossella, mente e cuore dei Barattoli Cosmici. Anche se da tempo collaboriamo con l’associazione, è riuscita ancora una volta a spiazzarmi. Mantenere per due ore di fila l’attenzione di un gruppo di ragazzi in età adolescenziale ha realmente dell’incredibile. Così come ha dell’incredibile vedere e leggere l’emozione nei loro occhi nonostante si parlasse di storia.
Eppure, grazie all’immane bravura dei Barattoli Cosmici, ai giusti tempi e al giusto modo di comunicare, questo miracolo si è reso possibile. Così, gli studenti si sono aggirati tra i nostri reperti archeologici con curiosità e attenzione. Hanno improvvisato un laboratorio teatrale sui miti romani, con il ninfeo come proscenio. Alla fine della ricostruzione in 3D del nostro ninfeo, i ragazzi hanno applaudito entusiasti.
Un’emozione incredibile che ripaga ampiamente del lavoro svolto e stimola in chi guarda la voglia di fare sempre di meglio per il nostro paese. Tant’è che, assieme al Vice Sindaco Gianni Iaccarino, abbiamo iniziato a tessere nuove strategie per canalizzare e implementare un comparto turistico, quello culturale, che ultimamente ha un trend positivo. Un settore che porta con sé diversi benefici: la destagionalizzazione dell’offerta turistica, un impatto ambientale minimo e una grande attenzione al territorio.”
Il territorio di Massa Lubrense è caratterizzato da località uniche e imperdibili. La varietà di queste ultime, infatti, lo rendono originale e unico nel suo genere. In questo articolo, proponiamo per voi solo alcuni dei luoghi più instagrammabili a Massa Lubrense a cui non poter assolutamente rinunciare.
“Cuore” di Baia di Ieranto
Il primo dei nostri luoghi più instagrammabili a Massa Lubrense è il “cuore” di Baia di Ieranto. Un posto che sembra avvolto nella magia e nella leggenda, di fatti secondo la storia sarebbe la zona in cui Ulisse, di ritorno verso Itaca, incontrò le Sirene. In questo posto incantato godrete delle acque cristalline e delle magnifiche spiagge che il territorio offre.
Situato nell’area marina protetta del promontorio di Punta Campanella, il faro crea senza dubbio uno scenario suggestivo e fatato. Un’atmosfera di fascinazione e mistero si profilerà davanti ai vostri occhi lasciandovi senza fiato. Imperdibile soprattutto di notte, quando il faro sembra illuminarsi insieme alle stelle.
Altro sorprendente luogo instagrammabile è il Fiordo di Crapolla. Si tratta di una delle insenature più particolari di Massa Lubrense e, oltre ad essere di grande interesse per il turismo balneare, è ricco di storia. La zona è facilmente raggiungibile anche a piedi partendo da Torca, permettendovi, così, di approfittare anche dei magnifici percorsi di trekking offerti dal posto.
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Monte San Costanzo
È un monte a due cime, il più alto di Massa Lubrense, da cui è possibile avere una visuale a 360 gradi sul Golfo di Napoli e Salerno, fino alle isole di Ischia e Procida. Inoltre, sulla cima sinistra del monte, troverete anche la caratteristica chiesa bianca dedicata all’omonimo santo. Un luogo suggestivo da più punti di vista a cui consigliamo di non rinunciare.
Ultimo e magico luogo instagrammabile di Massa Lubrense è la Cala di Mitigliano, un posto ideale per godere del mare cristallino e di un sensazionale panorama. La Cala di Mitigliano è, infatti, una baia che dà sull’isola di Ischia e su Punta Campanella. Inoltre, quando il mare è calmo e vi è bassa marea, si può accedere alla suggestiva grotta che renderà quest’esperienza ancor più speciale.
Scoprendo questi luoghi i vostri social saranno, senza dubbio, unici e voi soddisfatti di aver conosciuto e fatto esperienza di una piccola parte delle meraviglie di Massa Lubrense.
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